mercoledì 29 maggio 2019

giovedì 23 maggio 2019

La Costituzione Italiana



LA COSTITUZIONE
Cos’è la Costituzione?
E’ la legge fondamentale dello Stato

Un po’ di storia
- Compiuta l’unificazione, il 17 marzo 1861 nasce il Regno d’Italia 
- Lo Stato italiano adottò come costituzione lo Statuto Albertino , concesso dal re Carlo Alberto nel 1848 ai sudditi del Regno di Sardegna.
Lo Statuto Albertino era una costituzione
Ottriata, cioè concessa dal sovrano, e dunque non approvata da un’ Assemblea costituente.
Breve, si limitava all’organizzazione dello Stato e ai principali diritti di libertà
Scritta: in quanto costituita da un documento redatto in forma solenne 
Flessibile: cioè non aveva una forza giuridica superiore a quella delle leggi ordinarie ed era da queste facilmente modificabile
Questa caratteristica agevolò l’imporsi del regime fascista, cui fu possibile stravolgere man mano l’impianto della forma di governo mantenendo formalmente in vigore lo Statuto. 


Confronto tra lo Statuto Albertino e la Costituzione italiana


COSTITUZIONEITALIANA
STATUTOALBERTINO
CARATTERISTICHE
lunga, scritta, votata, rigida.
breve, elargita, flessibile
FORMA DI STATO
repubblica democratica
monarchia
SOVRANITÀ
popolo
re
CAPO DI STATO
dichiara guerra, comanda forze armate, promulga leggi.
 E' eletto
potere esecutivo dichiara guerra, comanda forze armate fa trattati di pace.
Il trono è ereditario
POTERE LEGISLATIVO
parlamento
parlamento (+re)
SENATO
eletto ogni 5 anni
a vita e di nomina regia
CAMERA DEI DEPUTATI
eletto ogni 5 anni
eletto ogni 6 anni
POTERE ESECUTIVO
presidente  consiglio dei ministri
ministri di nomina regia
POTERE GIUDIZIARIO
magistrati ordinari istituiti
magistrati di nomina regia
DIRITTO DI VOTO
suffragio universale (>18)
suffragio ristretto
RELIGIONE
stato laico
cattolica

















CARATTERISTICHE DELLA COSTITUZIONE
1.                             Scritta: i principi fondamentali e la struttura dell’ordinamento repubblicano sono scritti nei 139 articoli e nelle Disposizioni transitorie e finali della Costituzione, un documento redatto in forma solenne. Non è vero che tutte le Costituzioni devono essere scritte; si pensi che in Inghilterra sia il Parlamento che il Governo funzionano sulla base di regole consuetudinarie, senza che questo diminuisca il prestigio della costituzione inglese.
2.                             Votata: mentre lo Statuto Albertino era stato concesso dal Re ai suoi sudditi, la Costituzione è stata scritta e votata dall’Assemblea Costituente, eletta democraticamente del popolo italiano.
3.                             Lunga: l’Assemblea Costituente decise che la Costituzione doveva avere una struttura articolata, comprendente una dettagliata enunciazione dei principi contenuti in essa. I costituenti scelsero una costituzione lunga perché l’Italia usciva da una dittatura e forte era l’esigenza di regolare in modo preciso i principi fondamentali, in modo da rendere più difficile un loro sovvertimento in futuro.
4.                             Rigida: anche la scelta fra costituzione flessibile e costituzione rigida fu condizionata dal regime fascista che, approfittando della flessibilità dello Statuto Albertino, aveva creato un ordinamento giuridico completamente diverso. I Costituenti scelsero una costituzione rigida, in modo che nessuna legge ordinaria potesse essere in contrasto con la carta costituzionale: la Costituzione, essendo rigida, si trova al vertice della gerarchia delle fonti. La Costituzione è rigida perché non può essere modificata da leggi ordinarie. Poiché nessuna legge può essere in contrasto con il dettato costituzionale, i Costituenti istituirono un organo, la Corte Costituzionale, con il compito di vigilare sulla conformità delle leggi alla Costituzione.
5.                             Compromissoria: La Costituzione nacque come un contratto politico tra le forze politiche maggiori del dopoguerra (Democrazia Cristiana, Partito Comunista e Partito Socialista), in cui ciascuna forza è riuscita a ottenere qualcosa, rinunciando ad altro. Per questo si è parlato di COMPROMESSO COSTITUZIONALE
       

      STRUTTURA DELLA COSTITUZIONE




giovedì 2 maggio 2019

domenica 28 aprile 2019

Che cosa sono i diritti umani?

Cliccando qui troverai una risposta a questo importante quesito



Qui trovi il testo integrale della Dichiarazione dei diritti umani approvata nel 1948 dalle Nazioni Unite

A questo link invece troverai una breve storia della Dichiarazione e un gioco per verificare lo stato dei fatti oggi



Salvatore Quasimodo




Salvatore Quasimodo nacque a Modica, in provincia di Ragusa nel 1901 e trascorse la sua infanzia in vari paesi della Sicilia. Dal 1919 al 1926 visse a Roma e si laureò in ingegneria. Nel 1926 si trasferì a Reggio Calabria. Nel 1929 si trasferì a Firenze e fu introdotto da suo cognato, Elio Vittorini, nell’ambiente letterario e cominciò a pubblicare le sue poesie. Nel 1930 pubblicò la sua prima raccolta: Acque e Terre. Nel 1932 si trasferì a Genova e nel 1934 si spostò a Milano per dedicarsi interamente alla poesia. Nel 1941 iniziò ad insegnare letteratura al conservatorio.   Nel 1959 vinse il Nobel per la letteratura e Morì a Napoli nel 1968. Le opere di Quasimodo spesso sono composizioni di complessa interpretazione poiché la parola perde la sua funzione comunicativa per assumere significati astratti ed ermetici. prevale la sintassi nominale e i sostantivi al plurale e senza l'articolo contribuiscono a creare una ricercata indeterminatezza. temi cari al poeta sono la Sicilia, l'infanzia, gli affetti: il passato assume così contorni mitici, mentre forte resta l'insoddisfazione per il presente. la dolorosa solitudine dell'uomo viene espressa attraverso un lessico musicale e ricercato. dopo l'esperienza della guerra, Quasimodo passerà dalla corrente dell' ermetismo, ad un lessico più semplice. la poesia rivolge il suo messaggio di pace e civiltà a tutti gli uomini con un linguaggio più comprensibile diventando strumento concreto di impegno sociale.


Alle fronde dei salici

E come potevano noi cantare
Con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.

Parafrasi
Come avremmo mai potuto comporre poesie con l’occupazione straniera che ci pesava nell’animo, in mezzo ai morti abbandonati nelle piazze sull’erba resa dura dal ghiaccio, sentendo i lamenti dei bambini, innocenti come agnelli, il tremendo grido funebre della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Anche le nostre cetre, i simboli della nostra poesia, per un voto, stavano appese sui rami dei salici e oscillavano lievemente al vento portatore di dolore.





Spiegazione
Il componimento riprende il verso del Salmo CXXXVII della Bibbia dove si narra che gli ebrei avevano appeso le loro cetre sui rami dei salici e avevano perso la gioia di cantare perché prigionieri in terra babilonese.

~        Con il piede straniero sopra il cuore: - metonimia – chiara allusione all’esercito tedesco che aveva occupato l’Italia.
~      sull’erba dura di ghiaccio: con i morti abbandonati sull’erba (le SS proibivano di seppellire subito i morti delle loro rappresaglie, a monito per la popolazione), resa dura dal ghiaccio (anche la natura sembra prendere parte al dolore del poeta, diventando dura come il ghiaccio - sinestesia).
~      Lamento d’agnello: enjambement (al lamento/d’agnello) che mette in rilievo l’analogia (metafora) tra il pianto dei bambini, e il belato degli agnelli (nei riti di purificazione dei popoli antichi l’agnello era la vittima innocente), per indicare le sofferenze più crudeli di chi è più debole e indifeso di fronte allo spettacolo della violenza. 
~      urlo nerosinestesia che vuole evidenziare la drammaticità della disperazione del grido della madre, che si getta sul figlio torturato (come Cristo crocifisso).
~      crocifisso sul palo del telegrafo: l’uomo ucciso è rappresentato come un moderno Cristo, il poeta infatti trasferisce su un dato di vita moderna (il palo del telegrafo) il supplizio di Cristo.
~      fronde dei salici: il salice simboleggia l’albero del pianto.
~      per voto: in segno di sacrificio, di solenne rinuncia.

~      le nostre...vento: le cetre, simbolo della poesia sono ora fragili e inutili (lievi: l’aggettivo mira a sottolineare il senso di inutilità) cose in balia del male e del dolore che, come un triste vento (metafora di male e dolore), le portano qua e là.




Uomo del mio tempo

Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t'ho visto- dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero,
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all'altro fratello:
"Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.



Parafrasi

Uomo del mio tempo, sei del tutto simile all'uomo passato, colui che cacciava con la fionda e con le pietre. Ti ho visto, eri nell'aeroplano, con le ali cariche di bombe, nel carro armato, al patibolo e alle ruote di tortura. Si eri tu, con il tuo credo perfetto, dedito allo sterminio, senza amore e senza Dio. Tu hai accuso ancora una volta, come fecero gli avi prima di noi. Il sangue è lo stesso, ha lo stesso sapore ed odore del sangue del tradimento di Caino e Abele, quando l'uno uccise l'altro nei campi. E quella frase di tradimento, "Andiamo nei campi", giunge fino a te, fino alla quotidianità della tua giornata. Dimenticate o fogli del nostro tempo, le battaglie, le guerre combattute dai nostri predecessori. Le loro tombe ormai sono abbandonate e disperse nella cenere dell'oblio, e gli uccelli neri ed il vento oscurano il loro cuore.



Commento

La lirica “Uomo del mio tempo”, scritta da Salvatore Quasimodo appena dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, è contenuta nella raccolta “Giorno dopo giorno” del 1947, in cui l’autore invita all’impegno civile. 
La poesia si compone di una sola strofa, divisibile in due grandi sequenze. La prima, la più lunga, elenca tutti gli episodi in cui l’uomo ha usato violenza contro un suo simile. 
All’inizio si fa riferimento alla preistoria e alle lotte fra tribù a colpi di pietra e fionda. Si ricordano poi la Seconda Guerra Mondiale con gli aerei bombardieri e i carri armati, ma anche il Medioevo con le sue torture e le forche per i condannati.


Nell’epoca moderna le conoscenze scientifiche sempre più precise, anche se usate per il genocidio, hanno sostituito i sentimenti e la religiosità, ma non hanno cambiato lo spirito omicida dell’uomo che è sempre stato presente e vivo in tutte le epoche. 

Quasimodo cita il primo omicidio della storia ricordando che già fra i fratelli biblici, Caino e Abele, le gelosie portarono alla uccisione violenta di uno dei due e l’eco delle grida di Abele è ancora presente nel lamento di tutte le vittime.

Negli ultimi quattro versi l’autore supplica gli uomini suoi contemporanei di cambiare e dimenticare i crudeli massacri del passato, a causa dei quali la terra esala sangue e le tombe degli antenati sono sepolte dalla cenere della distruzione, sorvolate da avvoltoi e scosse dal vento che copre i loro sentimenti.

Analisi
La poesia si presenta con un’unica strofa composta da 17 versi liberi senza rime. La lingua è ricca di termini che riportano immediatamente a un periodo storico ben preciso, soprattutto nella prima parte ( “pietra e fionda” v.1 per l’epoca preistorica; “carlinga”, “carro di fuoco”, “scienza esatta” e “sterminio” vv. 2-6 per le Guerre Mondiali; “forche” e “ruote di tortura” ai vv. 4-5 per il Medioevo e L’inquisizione).

figure retoriche 
Molto ricorrente è l’apostrofe, con cui l’autore si rivolge direttamente all’uomo (“uomo del mio tempo” v.2, “t’ho visto” vv.4-5, “ eri tu” v. 5, “o figli” v.14) e l’insistenza sul pronome “tu”, sempre con la funzione di richiamare l’attenzione e la responsabilità dell’essere umano.


Un’analogia apre il componimento “sei ancora…” e un’altra analogia riporta al primo omicidio conosciuto (“ odora come nel giorno / quando il fratello disse all’altro fratello” vv. 10-11).

Simili all’analogia per effetto sono anche le due metafore presenti nella composizione: la prima “meridiane di morte” del v. 3 paragona l’ombra degli aerei da guerra che portano la morte fermando il tempo, con l’ombra della meridiana che segna il passare delle ore; la seconda, “nuvole di sangue”, al v. 14 (che contiene anche un enjambement) denuncia che la terra è talmente impregnata del sangue delle vittime da esalare nuvole rosse.

Un’altra figura di significato che troviamo spesso in questa lirica è la metonimia in cui si sostituisce il contenitore con il contenuto (come in “ali maligne” v. 3 in cui maligno è l’uomo che guida l’aereo e non la macchina stessa), oppure la causa per l’effetto (“scienza votata allo sterminio” v. 3) o ancora l’astratto per il concreto (“gli uccelli, il vento, coprono il loro cuore” in cui il concreto cuore sostituisce l’astratto sentimento).

Tutti questi artifici retorici sono utilizzati per accentuare il concetto chiave dell’opera cioè che l’uomo si è evoluto con le sue conoscenze scientifiche e tecniche ma che, nell’animo, è rimasto istintivo, crudele e competitivo come alle origini.


Quasimodo scrive il testo appena conclusa la Seconda Guerra Mondiale; egli perciò ha ancora molto vivo il ricordo delle tragedie degli scontri e dell’Olocausto e ha un giudizio molto negativo sull’uomo che definisce “del suo tempo”; proprio per questo egli invita i giovani a scordare completamente l’esempio dei predecessori per costruire qualcosa di nuovo, pacifico e che non porti sofferenza. 

Un suo contemporaneo, Primo Levi, inviterà invece a non scordare mai ciò che è stato per non rischiare di ripetere i medesimi errori e ordinerà addirittura di tramandare ai posteri le crudeltà commesse perché la storia non diventi mai leggenda.

domenica 14 aprile 2019

Seconda guerra mondiale





L'Europa all'inizio della guerra





L'Europa nel 1941




Ultimi anni di guerra: i Paesi dell'asse aggrediti su più fronti

Un interessantissimo sito per approfondire la storia della Germania

La Repubblica di Weimar, Hitler e il nazismo,la seconda guerra mondiale (1918-1945)

Ma davvero i tedeschi non sapevano nulla di quello che accadeva agli ebrei?

Da dove viene l?odio contro gli ebrei?



Video e materiale su argomenti specifici


Un video per non dimenticare

I medici del reich
https://www.youtube.com/watch?v=8GB1x0A9xXU

https://www.youtube.com/watch?v=mN6uLRmmw4Q


Resistenza

https://www.youtube.com/watch?v=avoGM8zyQTc


Bomba atomica

http://cronologia.leonardo.it/biogra2/hiroshim.htm

http://ripassofacile.blogspot.it/2013/03/la-bomba-atomica-mette-fine-alla.html


giovedì 11 aprile 2019

Pirandello

La vita, le opere e la poetica





Audiolettura della Novella "La giara"



Audiolettura della Novella "La patente"



Cliccando qui puoi leggere il testo  della novella "La patente"
 Puoi trovare qui un commento





Cliccando qui puoi ascoltare il testo di "Il fu Mattia Pascal"

Puoi trovare qui  il testo scritto

lunedì 18 marzo 2019

Fascismo

Qui di seguito una scheda di sintesi del fascismo

Fascismo

Al termine della prima guerra mondiale l'Italia attraversa un periodo difficile. E'
forte il malcontento dei nazionalisti insoddisfatti della conclusione della prima
guerra mondiale perché secondo loro la vittoria era mutilata in quanto Francia e
Inghilterra non avevano dato all'Italia quanto le avevano promesso con il Patto di
Londra. Il malcontento spinge il poeta Gabriele D'Annunzio a compiere la
spedizione di Fiume per occupare con la forza la città e annetterla all'Italia.
L'economia è in crisi, l'inflazione cresce, la disoccupazione e la miseria sono molto
diffuse; le proteste degli operai per ottenere condizioni migliori e dei contadini
che occupano le terre incolte dei latifondisti sfociano spesso in scontri, tanto
frequenti nel periodo tra il 1919 e il 1920 che questo viene chiamato “biennio
rosso”. In questo periodo Benito Mussolini, ex insegnante e direttore del giornale
socialista Avanti, organizza i Fasci di Combattimento, squadre armate che vestono
con camicie nere che ricorrono alla violenza per interrompere le proteste, le
occupazioni e per ristabilire l'ordine.
Il 28 ottobre 1922 Mussolini guida i fascisti provenienti da tutta l'Italia nella marcia
su Roma; Vittorio Emanuele III tollera il fatto e nonostante alle elezioni il Partito
Nazionale Fascista non sia il maggior partito nomina Mussolini Primo ministro e gli
dà l'incarico di formare il governo. Sta così per iniziare il ventennio della dittatura
fascista, periodo nel quale il parlamento e l'opposizione diventano sempre più
deboli e divisi e si rafforza sempre più un governo autoritario guidato dal Duce,
che con il passare degli anni, grazie a una massiccia propaganda ottiene un
consenso crescente non solo di latifondisti, industriali e borghesia ma anche di
gran parte degli italiani. I pochi oppositori che non si rifugiano all'estero vengono
mandati al confino o arrestati.
La politica economica per combattere la crisi e modernizzare il Paese viene attuata
cercando di rilanciare il paese riducendo la disoccupazione, creando lavoro
attraverso la realizzazione di grandi opere pubbliche, come la costruzione di
strade, ferrovie, edifici e la bonifica integrale della pianura Pontina.
L'Italia cerca di raggiungere l'autosufficienza economica (autarchia), puntando
cioè a fare a meno delle importazioni, ad esempio attraverso la battaglia del
grano.
Mussolini capisce che è importante ottenere il favore della Chiesa cattolica e
quindi, dopo la lunga crisi nei rapporti tra Stato italiano e Vaticano, avviene tra
loro la conciliazione con la firma del Concordato e dei Patti Lateranensi nel 1929:
la religione cattolica diviene così religione di Stato e quest'ultimo riconosce il
matrimonio religioso.
La politica sociale fa entrare lo Stato totalitario fascista in ogni aspetto della vita
quotidiana della popolazione; nel lavoro, nella scuola, nello sport, nel tempo
libero, tutti gli italiani sono inquadrati nelle associazioni dei balilla, delle piccole
italiane, dei figli della lupa, degli avanguardisti. Questo anche in vista della futura
vita militare.
La politica coloniale espansionistica porta nel 1935 alla conquista dell'Etiopia e ha
come conseguenza l'allontanamento da Inghilterra e Francia e l'avvicinamento a
Hitler, fino all'entrata in guerra al suo fianco.



mercoledì 20 febbraio 2019

Giovanni Pascoli

Giovanni Pascoli







LAVANDARE                                                  Parafrasi

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi che pare
dimenticato, tra il vapor leggero.

E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene:

Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
quando partisti, come son rimasta!
come l’aratro in mezzo alla maggese.
Nel campo che è per metà arato per metà no
c’è un aratro senza buoi che sembra
dimenticato, in mezzo alla nebbia.

E scandito dalla riva del fiume si sente
il rumore delle lavandaie che lavano i panni,
sbattendoli, e lunghe cantilene:

Il vento soffia e ai rami cadono le foglie,
e tu non sei ancora tornato!
da quando sei partito sono rimasta
come un aratro abbandonato in mezzo al campo.


  1. CARATTERISTICHE FORMALI
a)     Versi: Due terzine di endecasillabi seguite da una quartina, anch’essa di endecasillabi.
b)      Rime: Nelle terzine le rime sono incatenate (aba cbc) e nella quartina alternate (dede) con rima imperfetta (frasca/rimasta), ci sono anche due rime interne (sciabordare – lavandare; dimenticato – cadenzato)
c)      Le figure di timbro sono: allitterazione in f/s in soffia frasca, alterazione in r (resta, pare),  onomatopea in sciabordare, parola che di per sé ha valore onomatopeico.
d)     Il lessico usato è semplice, nel titolo è presente addirittura un termine dialettale (lavandaie). La poesia è circolare perchè si inizia con l’aratro e si termina sempre con esso.
e)     Le figure retoriche sono: similitudine (come l’aratro in mezzo alla maggese) e metafora (nevica la frasca = le foglie cadono come neve dagli alberi) e una sinestesia (in “tonfi spessi”)

Dopo una lettura  attenta della poesia si può dire che è composta da percezioni sensoriali, con cui Pascoli ha creato una contrapposizione tra la prima strofa in cui si ha una percezione visiva, nella descrizione dell’aratro abbandonato in mezzo al campo, mentre nella seconda strofa si presenta una percezione uditiva, per via delle lavandaie che cantano, perciò si può dire che prima  mostra la solitudine dal lato visivo; nell’ultima strofa, sceglie di contrapporre il lato uditivo a quello visivo all’interno dello stesso verso, facendo sentire il soffio del vento e facendo vedere le foglie che cadono.
  1. INTENZIONE COMUNICATIVA
In questa poesia mentre il significato primario tratta di una grigia giornata delle lavandaie, che attendono il ritorno dell’uomo amato, il significato secondario allude all’incompletezza, all’infelicità dell’essere soli e all’impossibilità di rimanere tali (tutti hanno bisogno di una persona vicina).
Lo scenario è la campagna autunnale con i suoi tristi colori e con gli echi della fatica umana: su tale scenario il poeta proietta il suo stato d'animo, smarrito e malinconico. Gli oggetti quotidiani si caricano di significati particolari: l'immagine dell'aratro in mezzo al campo,immagine con cui si apre e si chiude la lirica,diviene SIMBOLO di abbandono e di tristezza. C'è nella poesia un senso di desolazione con cui il poeta esprime la pena del proprio cuore.
  1. PROBLEMATICHE AFFRONTATE
Possiamo dire che Pascoli in questa poesia affronta la problematica della solitudine e della speranza nell’attesa del ritorno di persone care, la cui attesa non è altro che una sofferenza.



X AGOSTO         

                                                                                     
San Lorenzo , io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché si gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.


Ritornava una rondine al tetto :
l'uccisero: cadde tra i spini;
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.


Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.


Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono ;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono.


Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.


E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!              
































Parafrasi



San Lorenzo, io lo so perché un così gran numero
di stelle nell’aria serena
s’incendia e cade, perché un così gran pianto
risplende nel cielo.


Una rondine ritornava al suo nido:
l’uccisero: cadde tra rovi spinosi:
ella aveva un insetto nel becco:
la cena per i suoi rondinini.


Ora è là, morta, come se fosse in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e i suoi rondinini sono nell’ombra, che attendono,
e pigolano sempre più piano.


Anche un uomo tornava alla sua casa:
lo uccisero: disse: Perdono;
e nei suoi occhi sbarrati restò un grido:
portava con sé due bambole per le figlie...


Ora là, nella solitaria casa,
lo aspettano, aspettano invano:
egli, immobile, stupefatto mostra
le bambole al cielo lontano.



 
























 E tu cielo, dall’alto dei mondi 
  sereni, che sei infinito, immortale
inondi con un pianto di stelle
quest’atomo opaco del male! 




CARATTERISTICHE DOMINANTI DELLA POESIA:
COMPONIMENTO METRICO : La poesia è composta da sei quartine in cui si alternano decasillabi e novenari piani in rime alternata. (ABAB CDCD…)
FIGURE RETORICHE  : metonimia (il suo nido che pigola)e (al suo nido), similitudine (come in croce) personificazione del Cielo; parallelismo tra la rondine e il padre, anafora ( ora è la, ora è là; aspettano aspettano), 




INTENZIONE COMUNICATIVA
Questa poesia rievoca uno degli eventi più dolorosi della vita di Pascoli. Infatti il giorno di San Lorenzo, ovvero il 10 agosto Pascoli, ricorda la morte del padre assassinato mentre tornava a casa. Attraverso essa il poeta, infatti, vuole comunicare al lettore la sua tristezza per la mancanza del padre assassinato e la accentua mettendo a confronto una rondine abbattuta col cibo nel becco per i suoi rondinini e il padre che ritornava a casa portando due bambole alle figlie, in modo tale da sottolineare l’ingiustizia e il male che prevalgono su questa terra .
Il nido e la casa, per di più svolgono il ruolo di metafora degli unici rapporti d'amore possibili in un mondo d'insidie e di contrasti.
A partecipare a questa tragica situazione vi è, non solo Pascoli in persona, ma anche il Cielo che con, appunto, la notte di San Lorenzo famosa per il fenomeno delle stelle cadenti, raffigura il pianto.
Successivamente la figura del cielo si contrappone a quella della terra. Il cielo è infinito, immortale, immenso, mentre la terra non è altro che un piccolo atomo di dolore.
In conclusione, secondo Pascoli, il cielo di fronte a questo triste fatto invade la terra con un pianto di stelle.
Emergono in questa poesia i tre grandi temi di Pascoli su cui, incentrava la sua poesia: il simbolo del nido, la sofferenza e il mistero del male.

Il nido che intendeva Pascoli era il nucleo familiare, la protezione dei conoscenti più stretti dove ogni uomo può rifugiarsi. Nella poesia il nido è evidenziato bene perché, oltre al padre che tornava alla propria casa, c’è un paragone con una rondine che torna al suo “nido” ; ma entrambi sono aspettati invano dai familiari. Subentra in questo tema, anche l’amore familiare, la tenerezza e la gioia di un padre che torna a casa con doni, ma per Pascoli, quella sera, c'è stata una mancanza, una delusione, che si riflette sul suo senso di giustizia e nel mistero del male.